Simposio ecumenico, chiesa parrocchiale della Santissima Trinità di Piacenza, settembre 2007

 

 

Di seguito si riportano i punti salienti delle interviste - apparse in occasione del simposio sul quotidiano Libertà e sul settimanale cattolico Il Nuovo Giornale - a mons. Giuseppe Cremascoli, docente presso l'Università degli studi di Bologna, e relatore insieme a mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza e a sua beatitudine Gregorios III patriarca greco melkita cattolico.

 

 

“L’Occidente è stanco!”. Mons. Giuseppe Cremascoli – professore ordinario di storia della letteratura latina medioevale all’Università statale di Bologna – sta sfogliando alcuni dei volumi che compongono la collana “Medioevo latino”, una grande rassegna bibliografica sulla latinità medievale, che ha contribuito a curare insieme ad un ristretto gruppo di esperti, e sembra tirare le somme. “La tradizione orientale mi affascina; – spiega – Oriente e Occidente dovrebbero ammirarsi reciprocamente per costruire un proficuo dialogo ecumenico”.

Sarà uno dei messaggi che lancerà al simposio ecumenico organizzato nella chiesa della Santissima Trinità di Piacenza in occasione del 16° secolo dell'anniversario della morte, avvenuta nel 407, di San Giovanni Crisostomo, uno dei Padri della Chiesa in Oriente.

 

Quali i punti salienti della biografia di S. Giovanni Crisostomo?

Nato verso il 350, dopo essere stato alla scuola di Libanio, celebre retore pagano, ricevette il battesimo nel 372 e subito si diede a vita ascetica e allo studio della teologia. Ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 385 (o 386), già noto come scrittore di opere ascetiche. Per dodici anni fu predicatore nella cattedrale di Antiochia, acquistando fama di magnifico oratore. Vescovo e patriarca di Costantinopoli dal 397, operò con zelo instancabile e nel turbine di intrighi, tramati a corte e anche tra i potenti dell’istituzione cristiana. Già in esilio ( ma poi richiamato) dall’agosto del 403, subì una definitiva condanna di relegazione, firmata dall’imperatore, il 9 giugno del 404. Dopo tre anni di privazioni e di stenti, morì a Comana, sul Mar Nero, il 14 settembre del 407.

 

Perché ricordare la figura di Giovanni Crisostomo?

Il personaggio vive in un periodo - la seconda metà del IV secolo - di grande importanza nella storia sia dell’Oriente sia dell’Occidente. Siamo ad una svolta decisiva, nella quale confluiscono il tramonto del mondo classico, l’instaurarsi del cristianesimo nella società e nelle istituzioni, e l’irrompere dei popoli barbari nei territori della morente romanità.  In Crisostomo operarono tutte queste dinamiche, per cui in lui si rispecchia la crisi di crescita del mondo cristiano. Soprattutto si ritrova il confronto con il mondo pagano, ad esempio nel fatto che il Crisostomo viveva in modo integrale il monachesimo. I suoi biografi raccontano due intensi anni da lui passati in penitenza assoluta, anche corporale. Nelle sue omelie si scaglia contro i vizi del potere e le ambizioni che nascevano anche all’interno della Chiesa. Un personaggio dunque che ci attrae per il rigore morale della vita e per l’integralità con cui vive il messaggio cristiano. Ma soprattutto, dal punto di vista storico, è importante valutare la crisi di crescita del cristianesimo, nonostante alcuni dati di apparente trionfo. Basti ricordare che, nel 381, l’editto di Tessalonica  proclamerà il cristianesimo religione ufficiale dello Stato. Nel 391 Teodosio proibirà i culti pagani. Emerge, però, il problema del cesaropapismo, cioè dei rapporti fra il cristianesimo e la società civile, fra il potere civile e quello religioso, soprattutto come sarò inteso in Oriente. Crisostomo avrà non pochi conflitti con l’autorità dello Stato e, a conclusione di una fitta trama di intrighi, sarà mandato in esilio dall’imperatore.

 

Sono passati sedici secoli dalla sua morte. Un periodo storico, il suo, particolarmente travagliato, che può per certi aspetti trovare riscontri anche oggi nello scontro tra diverse ideologie?

Pur avvertendo il rischio di semplificare le cose, diciamo che il travaglio del mondo – Oriente e Occidente – nella seconda metà del quarto secolo, nasceva da questi tre grandi eventi di rilevanza incalcolabile nei futuri assetti della società: il declino del paganesimo, l’instaurarsi del cristianesimo divenuto ormai religione di Stato, le grandi migrazioni di popoli,  pronti a invadere il territorio del morente impero romano. Quest’ultimo dato potrebbe offrire spunti per il confronto con il mondo d’oggi, come Lei fa cenno nella Sua domanda. Quanto agli altri due mi pare che le situazioni siano rovesciate. Il paganesimo - in mutate forme - mi sembra in forte rinascita nella nostra società, e il cristianesimo è tutt’altro che protetto dai poteri e dalle istituzioni. Quanto a quest’ultima situazione, ci saranno anche elementi per cui rallegrarsi, purché il tutto non si riduca a una ridiscesa dei cristiani nelle catacombe.

 

Giovanni Crisostomo si è impegnato anche sotto l’aspetto sociale. È ancora attuale il suo messaggio?

Penso di rispondere adeguatamente alla Sua domanda citando un passo del Crisostomo, dall’omelia sull’epistola agli Efesini 22, 6, 9, riguardo alla schiavitù, piaga sociale allora diffusissima: «È l’avidità che ha causato la schiavitù, il desiderio di possedere, che è insaziabile. Questa non è la condizione umana originaria… Abbiamo recato un insulto alla natura con questo sistema». Non pensa che qualcuno dei potenti di allora abbia ascoltato queste parole digrignando i denti?

 

Quali indicazione e insegnamenti possiamo trarre dall’analisi storica?

Emerge in tutta limpidezza la differenza tra la visione cristiana e quella pagana. Allora questa differenza fu vissuta secondo le esigenze del contesto storico. Oggi riemerge, in termini ovviamente mutati, nel momento in cui la visione cristiana deve confrontarsi con il secolarismo e, soprattutto, con una cultura che, dall’umanesimo in poi, ha sempre indebolito i suoi vincoli con la Trascendenza e con la tradizione cristiana.

 

E nel rapporto fra Oriente e Occidente?

E’ importante partire dalla condizione della società e della Chiesa dei tempi del Crisostomo per vedere il sorgere delle differenze tra Oriente e Occidente, molte delle quali risalgono anche a diversità di atteggiamenti psicologici e intellettuali, come  la sottigliezza della teologia orientale e il gusto della controversia molto più forte che da noi. Ma vorrei mettere in evidenza ciò che mi affascina dell’Oriente: la musica e l’arte. L’arte delle icone, così espressiva dell’uomo che si immerge e si immedesima nel divino,  la musica, così spirituale e sublime, e la liturgia, soprattutto quella detta, appunto, di San Giovanni Crisostomo. Mi sembra che l’uomo orientale sia naturalmente portato al divino, attraverso queste forme di arte. Se invece cammina verso il divino attraverso le sottigliezze teologiche, allora temo che ci siano più problemi che conquiste. L’incontro fra Oriente e Occidente, d’altronde, può essere proficuo proprio accentuando la ricchezza che proviene dalle differenze, che non diventino motivo di divisione dei cuori, ma semmai di vicendevole ammirazione. La celebrazione di Giovanni Crisostomo ci permette di illustrare all’Occidente la vicenda dell’Oriente, attraverso le gesta di questo grande Padre della Chiesa, perché ci si possa vicendevolmente illuminare.

 

Quali ricchezze possono scambiarsi l’Oriente e l’Occidente?

La grande crisi dell’Occidente è definibile come paura che il divino ostacoli il terrestre, e, all’interno di questa dinamica, come paura di ciò che è definitivo nelle scelte dell’esistenza, come se tutto ciò ostacolasse l’inventività e il dominio sulla propria vita. Si assolutizzano i valori terreni. Giovanni Crisostomo ci riporta alla visione di una realtà redenta proprio perché ci si proietta totalmente nel divino. Ma non sottovalutiamo la dinamica opposta: il recupero del divino attraverso l’umano, dinamica che  sembra particolarmente in linea con la mentalità occidentale. Parlo della capacità di sacrificarsi verso l’uomo per amore di Dio.

 

Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente: in che modo un santo venerato da entrambe, vissuto quando la Chiesa respirava ancora con entrambi i polmoni (per riprendere un’immagine cara a Giovanni Paolo II) può fornire spunti di comunione?

Risposta telegrafica: studiare il passato, per evitare gli errori. Cogliere, nel presente, i segni dei tempi, avendo fede per trovare in essi la eco della voce di Dio. In concreto: quando sono salvi i punti irrinunciabili (ma veramente tali!) della divina Rivelazione, ovunque, nell’istituzione cristiana, si apprezzi l’inventività più che una piatta uniformità.